1943-1973 Trent'anni dopo

Pubblicazione stampata in occasione dell'inaugurazione del memoriale di Gonars

Copertina / Cover
Copertina / Cover

Nel campo di internamento di Gonars morirono circa 500 persone, la maggior parte provenienti da Lubiana e vicinanze: donne, vecchi, bambini ed anche uomini nel fiore dell’età. Fra i deportati c’erano Samo Hubad, che fu poi Rettore dell’Opera di Lubiana, l’attore del Teatro Nazionale di Lubiana Joze Tiran, lo scultore Nico Pirnat e molti studenti e professori universitari. Lo scrittore Ivan Bratko, che raccontò nel libro “Teleskop” la vicenda, riuscì a fuggire con altri sette compagni attraverso una galleria pazientemente scavata dal fondo della baracca fino all’aperta campagna. Ricordiamo l’opera umanitaria del dottor Cordaro di Udine, rimasto con gratitudine nella memoria degli internati. Dopo la liberazione il materiale del campo fu usato dagli abitanti per iniziare la costruzione dell’asilo infantile. Una testimonianza di una donna di Gonars tratto da “1943-1973 - Trent’anni dopo”: “Io ero una ragazzina, allora; sapevo che c’era il campo di concentramento, non capivo neanche bene cos’era. Vedevo mia madre cucinare zucche, fare il pane e portarlo via in un sacco. Noi non sapevamo dove andava: non voleva dircelo. Solo molto tempo dopo, finita la guerra, abbiamo saputo che portava quel cibo agli internati. In fondo al campo, verso il laghetto c’era uno scarico di rifiuti, lei faceva segno ai prigionieri, lo infilava sotto, poi se ne andava”.

Arrivando al cimitero, fin dal cancello si vedono, stagliati contro il rosso muro di mattoni, gli elementi bianchi che sorreggono le targhe di bronzo col nome dei Caduti e dei Dispersi e gli aerei elementi di acciaio che si aprono sopra i petali di granito. Scese le scale, a sinistra e a destra, due originali porte in acciaio chiudono gli accessi alla cripta semicircolare dove, in semplici loculi di cemento, si allineano le cassette di zinco che contengono i resti mortali degli internati jugoslavi. Si giunge nel cuore del sacrario che è un cerchio di mosaico rosso realizzato in vetro di Murano. Di qui si risale verso un sereno spiazzo circondato di verde e di elementi di cemento bianco. Un senso prima di emozione violenta, poi di serenità e di pace, prende il cuore. E si capisce bene il messaggio che lo scultore ha voluto trasmetterci con questo monumento: attraverso un’esperienza terribile, attraverso il sangue, il dolore e la morte, attraverso un sacrificio cruento, si è giunti alla conquista della libertà e della pace. Questo stesso cammino noi tutti, che abbiamo combattuto per la libertà, lo abbiamo percorso. E non vogliamo che questo sacrificio sia dimenticato e non vogliamo che questa conquista, la libertà, sia perduta.

 

Maria Antonietta Cester Toso


Download
Scarica la pubblicazione integrale
gonars 1943 1973 trent'anni dopo.pdf
Documento Adobe Acrobat 4.2 MB